martedì 18 ottobre 2011

Domenica con Wilmer

E' Sabato, gran bel giro sui monti di Bagolino con il gruppo: Mauro, Gigi, Paolo, Gianfranco, Claudio, Enrico, Stefano. La bici fa un po' le bizze, l'ammo si sgonfia, non sono convinto di fare all mountain anche la domenica. So di aver speso parola con Wilmer, e pure vorrei fare un bel girone anche domenica. Un po' titubante, decido di andare ugualmente. Non ho molte idee, scelgo la meta sfogliando gli album di flickr. La traversata, dal Pernici all'Ussol, un giro di quelli seri, oppure un giro di quelli matti. Eppure mi era piaciuto tantissimo, anche questo scaturito da Orma: e Wilmer so che apprezzerà, è un giro per lui!

Partiamo da Bezzecca con 1°C, in abbigliamento poco più che estivo. la salita tutta in ombra ci mantiene al fresco, noto però che dalla fronte di Wilmer gocciola sudore. Suderebbe anche sottozero, in discesa. La salita asfaltata vola via, è poco più di un riscaldamento per quello che ci aspetterà dopo. Il Pernici, per mia sorpresa aperto, ci accoglie con un caffé e un bel sole caldo. Non sono neanche le dieci, soltanto un escursionista è già arrivato quassù.

Ripartiamo: il cartello non mente, un'ora secca. Tutta a piedi. A parte quando costringo Wilmer a pedalare 2 metri per scattare improbabili foto tra pini mughi.
Mammano che saliamo dal crinale della Val Concei comincia a spuntare roba rocciosa, là dietro ci sono le grandi montagne, e la giornata bellissima consente di vederle proprio tutte! Saliamo di buon passo, Wilmer a piedi è una macchina, passi costanti e ritmo instancabile.



Siamo sul Pichea giusto per una mela, prima di cominciare la bellissima quanto impegnativa traversata. Tratti molto esposti, il ricordo di un ribaltone proprio lì mi spaventa, ma tra i filmati di Wilmer, e una chiacchierata con simpatici escursionisti la giornata prosegue in modo perfetto.

Brevi e dure risalite a spalla si alternano a bei tratti pedalati.







Proseguiamo tra infiniti crinali, un po' erbosi, un po' rocciosi. Un sentiero militare lungo e bellissimo. Ogni tanto qualche caverna, scalino e tutto una trincea ci ricordano chi qui si divertiva meno di noi.
Ci fermiamo ad ammirare il panorama, a nord si spazia da Adamello e Presanella, Brenta, più lontano le dolomiti e le vette innevate delle alpi austriache. Dietro di noi le cime delle prealpi bresciane, immerse nella lattiginosa foschia, spuntano dalle valli.





Mi è piaciuto come abbiamo affrontato questa escursione, senza prendere troppi rischi, con un occhio di riguardo a lato, e uno al percorrere questi splendidi sentieri! Uno spettacolo scendere dal Doss della Torta, tra pareti rocciose e curve tortuose. il fondo non tiene niente, è una perdita di aderenza continua, e anche questo ci diverte. Adrenalina a mille, seppur velocità bassa.



Arriviamo alla bocca dell'Ussol, ci manca il discesone finale verso la Val Concei. ci divertiamo a vederci scivolare su un curvone senza aderenza, ogni volta che si passa di qua, partiamo determinati più che mai. Ma, inevitabilmente, in terra. Come dei bambini, ci divertiamo così. E meno male.

Ho fatto bene ad andare in montagna anche questa domenica, lo sapevo. e Wilmer ha apprezzato, lo sapevo. Non è un giro ciclabile, talvolta la bici dovrebbe sparire, per poi ricomparire. Ma non servono spiegazioni, quando pedalo lassù, dimentico tutta la fatica fatta per arrivarci.

Grazie Wilmer per la compagnia, e alla prossima foto in vetta!

lunedì 17 ottobre 2011

Grande Pozzi, e grande Benni

A giorni sarà nelle sale cinematografiche Bar Sport, l'inarrivabile raccolta umoristica del mio quasi omoninmo Stefano Benni.
Uno tra i brani più belli è dedicato alla bicicletta, anzi ai tempi eroici della bicicletta e alle epiche sfide tra Coppi, Bartali e Girardengo.
Ne propongo qualche brano per il godimento di chi già lo conosce e di chi - beato lui così giovane - ne ha sentito parlare solo adesso per il film.
Se poi vi piace compratevi l'Oscar Mondadori e correte a pagina 57.

IL GRANDE POZZI

Quell'anno il grande Pozzi aveva vinto quasi tutto, insomma non aveva più avversari. A volte pedalava con una gamba sola, a volte per divertirsi saltava giù di sella, si nascondeva dietro un albero, poi quando passava Bartoli saltava sulla ruota di dietro e si faceva portare per molti chilometri, poi cacciava giù Bartoli dalla bicicletta e arrivava da solo al traguardo. Vinse il giro d'Italia, quello di Francia, del Belgio, di Spagna, la Milano-Leningrado, il giro dei Vosgi e altre chicche. Finché un giorno venne a sapere che c'era un giro di Germania, e si iscrisse.
Al giro di Germania c'era anche il famoso Girardoux. Era alto più di due metri, con un culo enorme, tanto che al posto del sellino aveva una sedia da barbiere. Era completamente calvo, all'infuori di una folta capigliatura rossa che teneva annodata in trecce legate con filo spinato. Aveva anche due baffi dritti, orizzontali, durissimi e prensili, con i quali infilzava e si metteva in bocca il cibo mentre correva. Mangiava una zuppa tipica della sua regione, l'Artois, a base di metano e cappone lesso, e faceva dei rutti spaventosi all'indietro facendo cadere chi lo inseguiva. Aveva anche due piedi enormi; tutte le volte che stava per attaccare si gonfiavano ed emettevano un sinistro suono di carillon. Allora Girardoux inarcava la schiena e con quattro pedalate scompariva sui tornanti: la sua potenza era tale che spesso doveva frenare in salita per non uscire di strada. La macchina della casa, che era la Bouillabaisse Balboux, o qualcosa del genere, non riusciva mai a tenergli dietro. Quindi, quando forava, Girardoux dava un colpo di reni e proseguiva solo sulla ruota di dietro. Una volta forò tutte e due le gomme e vinse egualmente saltando sul mozzo del cannone come su un cangurino.
Quando Pozzi seppe che c'era anche Girardoux, disse una frase storica, «Adesso si vedrà», poi prese una pompa di bicicletta e ci fece un nodo. Quando Girardoux lo venne a sapere, disse: «Ah, sì?», e prese una pompa di bicicletta e ci fece tre nodi. Allora Pozzi disse: «Così, eh?», prese due pompe di bicicletta e ci fece una griglia rustica.
Allora Girardoux disse: «Così, uh?», prese quattro pompe di bicicletta e ci fece un ritratto di profilo di D'Annunzio, per la verità non molto somigliante. Allora Pozzi prese il meccanico di Girardoux e ci fece una pompa di bicicletta. Allora Girardoux prese il meccanico di Pozzi, che però era molto furbo e non solo non fu neanche toccato, ma riuscì anche a vendergli per tre milioni una casa decrepita a Milano Marittima. I giornali montarono subito la faccenda, e subito qualcuno parlò di rivalità.
[...]
La mattina dopo ci fu la seconda tappa, detta «il diagonalone», seimilatrecento chilometri d'autostrada da Lisbona a Leningrado. Il gruppo rimase compatto fino ai milletrecento chilometri: poi, all'autogrill Pavesi, Borzignon chiese di poter andare un po' avanti per salutare i suoi a Cattolica. Pozzi e Girardoux diedero il permesso e Borzignon partì come un ossesso. Pochi minuti dopo nel gruppo cominciò a circolare la voce che Borzignon era di Pordenone. Pozzi urlò «Traditore!» e si lanciò all'inseguimento. Borzignon aveva già due ore e mezzo di vantaggio, ma in poche pedalate fu ripreso: venne ammonito e picchiato.
Allora Girardoux cominciò a fare una gara tattica. Disse: «Beh, io vado a fare un giretto», e uscì a Rimini nord. Pozzi, preoccupatissimo,glisi pose alle calcagna. Girardoux, tranquillissimo, comprò un gelato e si mise a passeggiare sul lungomare. Pozzi e tre gregari lo seguirono pedalando sulla spiaggia. Poi Girardoux fece il bagno in moscone. Nel clan italiano tutti erano molto preoccupati per la mossa del francese. Girardoux fece sei partite a flipper, comprò alcune cartoline e andò a vedere i delfini. Uno dei Panozzo lo seguì strisciando sul bordo della piscina, un delfino saltò e ne fece un boccone. Alle otto e mezzo di sera il gruppo era a settecento chilometri di distanza, ma Girardoux non dava segni di impazienza. Pozzi invece era nervosissimo e ogni tanto sbuffava aprendo larghe voragini sulla strada. Alle dieci Girardoux si presentò al Mocambo e invitò a ballare una tedesca. Pozzi, nascosto dietro una palma, lo sorvegliava. Ballarono a lungo, poi Girardoux tentò uno stricco e prese una sberla. Allora invitò un'altra tedesca. Ballarono fino a mezzanotte. Il gruppo intanto era a trenta chilometri dal traguardo. A mezzanotte e mezzo Girardoux e la tedesca cominciarono a fare i gustini e Borzignon mugolò, eccitatissimo. All'una i due uscirono teneramente allacciati e si diressero verso l'albergo Mareverde. Pozzi li seguì e li vide entrare in camera mentre a Lisbona il gruppo entrava sulla dirittura d'arrivo. Girardoux si levò la maglietta e il berrettino: poi, mentre la tedesca andava in bagno, si tolse i pantaloni: si guardò un momento intorno e fulmineo trasse di tasca una bicicletta e partì come un fulmine dalla finestra.
Pozzi urlò «Maledetto!», e si lanciò all'inseguimento.

[...]
Solo il vecchio meccanico di Girardoux, Rougeon, aspettò seduto sul bordo della strada altri nove anni il suo pupillo col cacciavite multiplo in mano, mirabile esempio di fedeltà. Dieci anni fa su quel punto della strada fu costruito un palazzo residenziale di nove piani.
Dopo lunghe consultazioni, si decise di lasciare Rougeon al suo posto, e infatti, fino a tre anni fa, chi voleva vedere il meccanico di Girardoux, poteva andare al pianterreno del palazzo dove, protetto da una griglia di vetro, c'erano tre metri quadrati della vecchia strada e Rougeon seduto su un pilastrino. Finché, appunto tre anni fa, una mattina alle 8,30 Rougeon disse: «Beh, adesso mi sono rotto i coglioni», si alzò e se ne andò. Appena fuori dal palazzo finì sotto un autobus. Aveva cento quattordici anni.
Uomini così non ce ne sono più. E neanche come Pozzi e Girardoux. Dio sa dove sono.

Il week-end dolomitico: Rif. Principe / Antermoia

Poche parole, lasciamo parlare le immagini. La scena è tutta per le montagne ed i suoi abitanti, anche se i bikers ciclo alpinisti hanno la loro parte. Grazie a Bobo e a Dario per questa bella esperienza.